di Pierluigi Amato

Quasi uno spasso! È per di più una lezione, la prima del corso di Archeologia della nostra Università del Tempo Libero.
In cattedra o meglio nei dintorni la nostra docente Marika Cantatore troppo sveglia per essere al primo impatto con una classe per giunta di attempati in via di attenzione.
Declinati i propri studi in materia la docente si presenta con garbo, padronanza e documentazione al seguito. La partenza è un invito a manifestare curiosità sul tema, invito che viene raccolto con una domanda che potrebbe essere imbarazzante: “Come non annoiarsi in un sito archeologico?” La risposta, in sintesi, non ammette repliche: “fermati ad ascoltare le pietre.… E più non domandare”.

Archeologia come discorso sull’archè l’inizio della storia dell’uomo, lo scavo che parla “in diretta”, prima ancora di arrivare alle fonti scritte. Li interviene la storia con una seria di filtri legati agli autori che la raccontano “sine ira et studio” come raccomandava Tacito, un’autorità in materia.
Si avverte da subito la necessità di evitare pregiudizi ed errori di logica anche se considerando grandi storici del passato (Tucidide, Erodoto, Tito Livio, Cesare) risulta difficile attribuire loro patenti di assoluta imparzialità ed obiettività.

Quello che conta in ogni caso è interpretare tenendo conto dello spirito del tempo (Zeitgeist) che non può prescindere da precisi indici di riferimento (cambiamenti climatici, epidemie, guerre, emigrazioni di popoli).

È comunque Tucidide a fornirci una prima interpretazione archeologica prendendo in considerazione il culto dei morti e risalendo dal corredo funerario ad identificare il popolo di riferimento.

Padre della archeologia moderna è a pieno titolo Winckelmann: con lui l’archeologia diventa storia dell’arte.

Il colonialismo europeo dell’800 segna l’età dell’oro dell’archeologia: da lì il dubbio merito, per tutti i paesi del Continente, avere in casa vestigia del passato che danno vita a prestigiosi musei (si pensi al Pergamon di Berlino).

Con il Positivismo agli inizi del Novecento prende sempre più spazio lo scavo “sul campo”. Si studia tutto, non solo il bello… Accanto all’archeologia della statua si pone l’archeologia del coccio e con Ranuccio Bianchi Bandinelli maggiore studioso dell’arte del XX secolo si assiste alla contrapposizione dell’arte plebea con quella aulica.

Verrà nel 1981 Indiana Jones ad ammantare di mistero e di avventura in salsa americana l’archeologia che resta tuttavia, come puntualizza Colin Renfrew “scoperta dei tesori del passato dovuta in parte al lavoro meticoloso di un analista scientifico e in parte ad un esercizio di immaginazione creativa”
C’è da stare allegri in attesa della prossima puntata!!


Testo pubblicato qui con l’autorizzazione da parte dell’autore Pierluigi Amato. Il suo utilizzo totale o parziale è proibito in ogni forma previa richiesta e autorizzazione di UTLBinasco. Il contenuto del presente articolo non è alterabile o vendibile in alcun forma. ©utlbiniasco